Roma, 1940
Fin dall’inizio della sua ricerca Mochetti cerca di appropriarsi dello spazio espositivo, creando installazioni che possano adattarsi al luogo che le accoglie modificandone la percezione. Il loro rigore e il loro carattere “oggettuale” vengono esasperati dall’uso di materiali di natura industriale, come le nuove plastiche, e mediante la rappresentazione di semplici elementi geometrici. Alla fine degli anni Sessanta, Mochetti inizia a interessarsi alle possibilità della luce, alla sua capacità di costruire spazi e volumi immateriali. Spesso, perciò, le sue opere trovano una definitiva progettazione solo nello spazio in cui vengono allestite, senza poter essere identificabili in un’immagine precisa. La perfettibilità dell’opera è alla base di tutta la sua produzione, sempre suscettibile di ulteriori e successive modifiche, nel momento in cui il progresso scientifico lo permetta. In questo modo l’artista tende ad avvicinarsi a quello che Germano Celant descrive come un “tecnico della visione”.