Descrizione
Uno dei valori più forti dell’opera "Grigio" del 1967 è una certa, soffusa ambiguità. Questo valore si spende nel colore, nella forma e in come l’opera provoca lo spazio. È infatti assente qualunque segno pittorico come pennellate o sfumature; dichiarata uniformemente grigia anche dal titolo, la stesura ci appare compatta, industriale. Eppure il colore ha delle intensità o tonalità diverse, che si creano grazie alle sporgenze e alla luce. In particolare, sul dorso della forma più grande i contorni si sfumano e il colore non è più del tutto certo. Anche la sagoma dell’opera è misteriosa. Il quadro è svolto verso di noi, ha una sua forma finita ma sembra occultarne altre: è interno ed esterno, è frontale e laterale, è tanto grafico e bidimensionale – in qualche modo sembra essere un disegno geometrico, con una forma e il suo prospetto – quanto tridimensionale e plastico, valido da più punti di vista. C’è infine un’ulteriore incertezza percettiva: la seduzione della superficie tesa e la morbidezza del suo colore sono tali da attirare la mente sui valori tattili dell’opera inducendoci il desiderio – ma non bisogna assolutamente cedervi, per il bene dell’opera – di verifica. L’opera vive per tutte queste azioni che riesce ad allestire tra i suoi elementi costitutivi, nello spazio e soprattutto in relazione a noi, prolungandosi nella nostra mente per via di percezioni, curiosità, aspettative. Tutta l’opera di Bonalumi, dagli esordi in Azimut, nel 1959 con gli amici Manzoni e Castellani fino a oggi, è concentrata sulla creazione di questi fenomeni autonomi, opere che sono realtà di per sé; esse sono oggetti nuovi i quali non significano, non simboleggiano, non rimandano ad altre immagini, non raccontano la o una storia ma accadono sotto i nostri occhi, attivati dalla nostra presenza, articolati dalla nostra capacità di osservare, conclusi nella nostra mente. Questo Museo ha realizzato nel 2003 una mostra dedicata alla produzione in carta dell’artista dimostrandone l’eccezionale vitalità. (FMC)