Descrizione
Il cartellino della Galleria dell’Ariete di Milano, sul retro del telaio, dovrebbe includere l’opera fra quelle esposte al personale dell’artista del 1966 anche se non elencate in catalogo (Milano 1966a). Una recensione dell’epoca attesta la presenza in mostra del ciclo sul mezzo dollaro con “grandi tele, di larga composizione, dipinte nei colori blu, rosso, oro e bianco, successivamente velate con un tessuto trasparente” (Suri 1966, p. 171) e riproduce una di quest’ultime, simile al lavoro qui esaminato (acquisito nel 1989) per le medesime linee ondulate rosse che richiamano le strisce della bandiera americana.
La tecnica esecutiva di Angeli, dal 1963, prevedeva una stesura di due strati pittorici, al fine di ottenere un effetto quasi di filigrana: il primo strato su tela, dove in oro e bianco è raffigurato, con vernice a spruzzo e mascherina, il rovescio del dollaro; il secondo, traslucido, in acrilico rosso e blu su nylon, cui attribuiva un ruolo preciso rispetto all’iconografia dei suoi quadri: “ rendendo questi simboli evidenti, diventerebbero un po’ dei manifesti. Questo velo serve un po’ a filtrare a rendere queste immagini un po’ come rivissute attraverso la memoria … e in qualche modo celebrate ideologicamente” (Angeli, Calvesi 1964, p. 220). L’ambigua sovrapposizione dei significati iconografici e la loro strumentalizzazione storica era per Angeli il movente a recuperare, dopo quelli fascisti, romani o nazisti, anche i simboli del coevo imperialismo americano. Il conio del mezzo dollaro scelto per il quadro era stato battuto nel 1964 per celebrare il popolare e compianto presidente John Fitzgerald Kennedy: sul diritto vi era il suo profilo, disegnato da Girloy Roberts, mentre sul rovescio vi era il “sigillo presidenziale”, disegnato da Frank Gasparro ( Standard Catalogue 2005, p. 2215). La moneta, simbolo concreto e allegorico, è scelta dal rovescio dove compare l’aquila: “allusione alle mitologie presidenziali USA, presto troncate” e anche “leit-motiv dei nuovi tiri del ‘Ku Klux Klan”(Fagiolo dell’Arco 1966b, p. 158). [Denis Viva]