Descrizione
Figlio di un celebre cesellatore e orafo, Paolo Borghi, artista di formazione accademica, si è sempre mosso con grande agio tra lo stile e le tecniche della statuaria tradizionale, fondendo il bronzo, scolpendo il marmo e modellando la terracotta, portando, dunque, l’arte appresa dal padre su scala monumentale.
Nell’opera "Nella terra di Persefone", piccola ma imponente scultura in terracotta, egli ritrae una coppia di figure avvolte in un dinamico abbraccio. Se la figura femminile è Persefone, l’uomo potrebbe essere il suo rapitore e sposo Ade, dio degli inferi che, innamoratosi della fanciulla, decise di portarla con sé nell’oscurità senza ritorno. Il soggetto è mitologico e le figure di un classicismo letterale, con le fisionomie imponenti e il panneggio morbido, tradizionale. Ciò che esula dalla statuaria classica ortodossa è una certa vocazione alla teatralità. Le figure umane, infatti, non hanno la centralità tipica dell’umanesimo originario dell’antica Grecia, sono piuttosto tutte irradiate di un dinamismo che le relaziona inevitabilmente con lo spazio.
Se osserviamo i lavori degli anni settanta di Borghi, troviamo figure (più figure, mai una sola), calate in una sorta di teatro del quotidiano in cui i personaggi sono spesso accostati a frammenti di paesaggio. Questa modalità sarà ripresa, in una dimensione più onirica che quotidiana, anche nella produzione scultorea degli anni novanta. Negli anni ottanta, invece, in linea con il recupero della storia e della mitologia tipico del periodo, Borghi approfondisce uno degli aspetti più appassionanti del mito e, in definitiva, delle relazioni umane: il suo rappresentare allo stesso tempo la verità assoluta dell’essere e la verità terrestre dell’esistere. (LG)