Descrizione
Paradossi dell'abbondanza #44 è uno dei 29 collage facenti parte della serie dallo stesso titolo iniziata nel 2015 dall’artista come progetto a lungo termine che esplora le trasformazioni dei sistemi di produzione e consumo del cibo. Il titolo è preso in prestito da un capitolo del libro Una storia commestibile dell'umanità del giornalista inglese Tom Standage che, nel suo saggio, ripercorre una certa idea di modernità attraverso la storia dell'agricoltura e del suo asservimento alla produzione di cibo come merce: con l'introduzione di monoculture, produzioni intensive, pesticidi, organismi geneticamente modificati e quanto ha permesso un presunto dominio dell'uomo sui cicli naturali della germinazione. L’opera mescola la tecnica del disegno alla tradizione del papier collé, per raccontare le contraddizioni vissute in campo agricolo dalla prospettiva dagli agricoltori stessi, che fossero questi gli stagionali migranti dei nostri giorni, i braccianti delle piantagioni coloniali, oppure più semplicemente uomini e donne dal background contadino dell'artista e dalla storia della sua famiglia. Le giustapposizioni di elementi materici diversi rivelano l'intreccio di immaginari differenti, relativi a momenti storici diversi ma prossimi l'uno col l'altro, perché caratterizzati da un rapporto di dominio, controllo e sfruttamento dell'uomo nei confronti del mondo naturale. Commissionati per la mostra Rethinking Nature a cura di Kathryn Weir e Ilaria Conti presso il museo Madre dal 17.12.2021 al 05.06.2022 i collage della serie si concentrano su tre principali prodotti importati in Italia: caffè, zucchero e cacao, narrando dei quali, Migliora crea paesaggi visivi che ne svelano le traiettorie, dalla piantagione coloniale al consumo domestico, giustapponendo immagini di lavoratori nei campi a ritratti di donne bianche che gustano del caffè in quanto status symbol borghese.
L’artista fonde elementi visivi provenienti da diverse cronologie per illustrare come, attraverso fasi che includono la rivoluzione industriale, il boom economico e la green revolution, l’agricoltura capitalista abbia progressivamente eliminato le forme tradizionali di cura e attenzione per la terra, convincendo ingannevolmente gli agricoltori a impiegare pesticidi, semi brevettati e forme intensive di agricoltura che hanno impoverito terre coltivate per generazioni – una perdita di conoscenza e sostentamento di cui anche la famiglia dell’artista ha fatto diretta esperienza.
“Ho passato la mia infanzia in una casa circondata da campi coltivati e popolata da molti animali.”- racconta l’artista. “La vita contadina, la cura della terra e la determinazione delle specie vegetali, credo abbiano formato il mio sguardo d’artista. La mia famiglia è solo un caso fra le innumerevoli vittime di un sistema di industrializzazione che ha scambiato il cibo per merce e l’idea di sviluppo per un progetto meramente economico. Oggi un contadino vende cento chili di mais all’incirca al prezzo di una pizza: credo che questa semplice comparazione mostri una distorsione di metodi, economie e valori di un mercato il cui modello economico non protegge l’agricoltura familiare, diventando ormai impraticabile