Descrizione
Nonostante dagli anni Ottanta Arcangelo lavori quasi esclusivamente a Milano, la sua arte, un’oscillazione coerente fra pittura e scultura, proviene da suggestioni che inglobano il natio Sud e i viaggi in Oriente e in Africa. Soprattutto quest’ultimo, iniziato nell’inverno del 1990, diventerà fondamentale per l’elaborazione nel 1993 delle serie Dogon e Lobì, tele e sculture dedicate all’arte africana. Arcangelo mantiene sempre saldo il legame con la terra e i suoi riti, non solo quella delle origini ma anche con qualsiasi appartenenza percepita culturalmente o solo visivamente. La componente misterica è presente in tutta la sua arte, dalla valenza fortemente antropologica, dalla serie Terra mia sino agli Ex Voto e ai Segou, ma nelle opere “africane” essa incontra la fascinazione delle tradizioni tribali. Nel Senza titolo del 1993, l’idea del totem (già elaborata in pittura e su carta) incontra nella scultura una forma ibrida, vagamente fallica e nettamente non figurativa. Una sorta di feticcio dalla forma allungata, la cui superficie sembra colare e poi raggrumarsi nuovamente in un’immagine organica, che nell’utilizzo di materiali duri come il legno e il ferro, sembra tuttavia replicare in piccolo la caratteristica forma a Y delle architetture africane. La materia, modellata grezzamente e quasi scarnificata, forte di uno stile primitivo, può così caricarsi di un’aura sacrale. (Aurora Tamigio)