Milano, 1963
Amedeo Martegani esordisce a Milano nel 1985, in una collettiva organizzata nell’ex fabbrica Brown Boveri, uno spazio alternativo di primaria importanza per le figure emergenti della scena artistica milanese degli anni Ottanta. Come altri artisti della sua generazione, fin dagli esordi adotta diversi linguaggi, praticando ciò che il critico Elio Grazioli ha definito un nomadismo intellettuale ed espressivo. Come più volte dichiarato nelle sue interviste, ciò che interessa l’artista non è mai un linguaggio determinato, ma piuttosto una suggestione, uno spunto, un’idea, proveniente tanto dalla sfera artistica quanto da quella quotidiana. Secondo l’artista milanese, infatti, non è la scelta del linguaggio il punto da cui partire per l’elaborazione di un lavoro, quanto piuttosto le idee e le suggestioni che si formano nell’incontro con alfabeti e materiali diversi (la pittura, la fotografia, il video, il libro, gli articoli d’arredamento) oppure nelle collaborazioni con altri artisti e intellettuali. Il lavoro di Martegani dunque non si caratterizza per una gerarchia nella scelta di discipline e materiali di riferimento, né per dei soggetti ricorrenti; la sua costanza si ritrova piuttosto in un atteggiamento aperto e disponibile all’incontro, allo scambio e all’imprevisto, con una particolare predilezione per ciò che è inaspettato e “si fa gioco” della realtà e della sua rappresentazione.