Eberswalde (Germania), 1944
Allieva, nel corso degli anni Settanta, della rinomata coppia di fotografi Bernd e Hilla Becher all’Accademia d’Arte di Düsseldorf, Candida Höfer è legata, fin dai suoi esordi, alla fotografia concettuale tedesca e alla tradizione della Nuova Oggettività, corrente caratterizzata dall’apparente assenza di partecipazione emotiva nella scelta del soggetto fotografato. A partire dagli anni Ottanta, tema tipico del suo lavoro è l’architettura interna di luoghi pubblici, che l’artista sceglie però appositamente di rappresentare senza la presenza dell’uomo, vero protagonista e artefice di quegli spazi, lasciando che il pubblico ne percepisca esclusivamente le tracce. Musei, teatri, biblioteche, banche, alberghi – spesso esaltati nella descrizione fotografica dei loro minuziosi dettagli decorativi – perdono così la loro identità e funzione primarie e divengono dei raffinati saggi di “psicologia dell’architettura sociale” da cui si evincono modelli di logica dell’usare, dell’abitare e del vivere.