Descrizione
Allievo di Luciano Fabro presso l'Accademia di Belle Arti di Brera e tra i fondatori nel 1989 dello spazio culturale autogestito di via Lazzaro Palazzi 19 a Milano, Mario Airò fa parte di un gruppo di artisti venuti alla ribalta all'inizio degli anni Novanta. Nella poetica dell'artista il ricorso al cinema, alla musica e alla letteratura si accompagna alla creazione di ambienti multisensoriali dove lo spettatore è indotto a un'esperienza percettiva e immersiva. Comuni nella sua pratica sono infatti le collaborazioni con musicisti, poeti, scrittori, dove l'aspetto performativo si fonde a quello ambientale con frequenti citazioni da opere della storia dell'arte, della musica, del cinema e della letteratura. Pensata per un ambiente buio, “Springadela” è un'installazione che consiste nella proiezione in una serie di diapositive sul pavimento, sopra rettangoli di sabbia. La sequenza di immagini di dune di sabbia del deserto, segnate da lievi impronte di animali, si alterna a frammenti di disegni geometrici contenuti nell'opera di Giordano Bruno “Articuli adversus mathematicos” (1588). Parte integrante dell'installazione è un suono composto da antiche musiche australiane, dal canto di un uomo e dai giochi vocali spontanei del figlio dell'artista che creano la parola nonsense “Springadela” La proiezione di immagini sulla sabbia, oltre a costruire un riferimento diretto alla cultura aborigena del deserto, rappresenta il legame tra la geografia del soprasensibile indagata da Bruno e la geografia della terra, tracciata dalle impronte degli animali. A questo elemento Airò accosta il concetto di memoria come orientamento, caro alle pratiche musicali aborigene. Come spiega l'artista, ad accomunare entrambe le operazioni “è la costruzione di segni, l'organizzazione di questi in un sistema di orientamento, la memoria come sede di questa conoscenza”.